Disturbi dell’umore
La Depressione maggiore
Parlando di Depressione è sempre necessario distinguere lo stato depressivo patologico dai sentimenti depressivi tipici dello sviluppo normale dell’adolescente: l’umore depresso fisiologico è intermittente, instabile e sensibile alla situazione ambientale. Dunque per la distinzione è utile il criterio della temporalità del sintomo, la maggiore o minore costanza, la sua rigidità o flessibilità. La depressione in adolescenza è ricca di connotazioni ansiose e la sintomatologia è caratterizzata da sintomi non specifici tra cui molto frequenti sono le lamentele somatiche, soprattutto per nella fascia 13-16 anni.
L’adolescente depresso si manifesta con vissuti di angoscia e irritabilità, è spesso disforico, irrequieto e stanco, ansioso e, a tratti, oppositivo ed aggressivo nei confronti dei genitori e degli insegnanti.
Indicatori utili per il disturbo depressivo/ansioso sono il calo del rendimento scolastico, insonnia, disturbi del sonno e del risveglio al mattino. Invertendo il ritmo sonno-veglia, sarà stanco ed abulico, riducendo motivazione e relazioni con i coetanei, vissute come insoddisfacenti e minacciose per il confronto con la realtà.
Per soddisfare la diagnosi di Disturbo Depressivo maggiore, secondo il DSM%, devono essere presenti almeno cinque sintomi per almeno due settimane, che indichino un cambiamento significativo rispetto al funzionamento precedente. I possibili sintomi sono: umore depresso (o irritabilità); marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività; significativa perdita o aumento di peso oppure aumento o diminuzione dell’appetito (nei bambini anche incapacità di raggiungere i normali livelli ponderali); insonnia o ipersonnia; agitazione o rallentamento psicomotorio; faticabilità o mancanza di energia; sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati; ridotta capacità di pensare o concentrarsi o indecisione; pensieri ricorrenti di morte; ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico o un tentativo di suicidio o un piano specifico per commettere suicidio. I sintomi devono causare disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Distimia
E’ un forma di depressione meno grave. Nel DSM-5, i criteri per bambini e adolescenti sottolineano che deve essere presente un umore depresso o irritabile per almeno un anno, durante il quale il bambino o l’adolescente presenta due o più dei seguenti sintomi: scarso appetito o iperfagia; insonnia o ipersonnia; scarsa energia o astenia; bassa autostima; difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni; sentimenti di disperazione.
Nei soggetti in eta’ evolutiva la sintomatologia si presenta secondo modalita’ peculiari e differenti rispetto all’eta’ adulta: ad esempiol’anedonia nei bambini puo’ manifestarsi nella diminuzione dell’attività di gioco; la difficolta’ nella concentrazione concentrarsi puo’ rendersi evidente in un calo del rendimento scolastico. L’irritabilità e’ rilevante quando il bambino, inizia ad avere maggiori conflitti con i pari oppure presenta comportamenti oppositivi.
Depressione narcisisitica
E’ una condizione rilevante e tipica dell’età adolescenziale, caratterizzata da una condizione di fragilità narcisistica in cui il dolore mentale è conseguente al fallimento di aspettative, onnipotenti e megalomaniche, spesso frutto della proiezione dei genitori e che i figli fanno proprie.
Nascono dal divario, tra i desideri, le aspirazioni e le reali capacità del ragazzo: da qui che nascono intensi sentimenti di mortificazione, umiliazione e vergogna. Manifestano bassa autostima ed l’incapacità di trasformare le aspirazioni e sogni a livello di realtà. Le rotture sentimentali, l’ insuccesso scolastico, il tradimento di un amico, le critiche dei compagni, i rimproveri dei familiari, a causa di un’ eccessiva fragilità narcisistica, suscitano potenti reazioni di vergogna e mortificazione spesso alla base di gesti autolesivi ed anche suicidali
Il disturbo d’ansia
I disturbi d’ansia rappresentano la patologia psichiatrica più comune in età e si stima che un terzo degli adolescenti soddisferà i criteri per un disturbo d’ansia all’età di 18 anni (MeriKangas et al., 2010). I fattori in grado di determinare l’insorgenza e il mantenimento dei disturbi d’ansia in età evolutiva sono i fattori genetici, il temperamento del bambino ed i fattori ambientali, i quali comprendono certamente, lo stile educativo genitoriale ed eventualmente l’ansia del genitore.
Il DSM 5 identifica le seguenti categorie diagnostiche per i disturbi d’ansia:
Disturbo d’ansia di separazione, Mutismo selettivo, Fobia specifica, Disturbo d’ansia sociale, Disturbo di panico, Agorafobia, Disturbo d’ansia generalizzata, Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci, Disturbo d’ansia dovuto a un’altra condizione medica, Disturbo d’ansia con altra specificazione, Disturbo d’ansia senza specificazione.
Il disturbo d’ansia sociale
Si caratterizza per preoccupazioni eccessive, sentimenti d’imbarazzo e forte disagio, nell’affrontare situazioni di esposizione sociale o di prestazione che possono portare ad un progressivo ritiro e comportamenti di evitamento rispetto a tutte quelle situazioni ritenute ansiogene (stati spesso confusi dalla famiglia come timidezza).
Generalmente questo disturbo ha esordio prima dei 20 anni e tende a protrarsi nell’età adulta, con una frequenza (prevalenza per anno) di circa il 15% tra gli adolescenti e del 7/9% tra gli adulti .
Il disturbo d’ansia può esitare in diverse forme:
agorafobia caratterizzata da sensazioni di disagio, ansietà o vera e propria paura con comportamenti di evitamento per alcune specifiche situazioni come stare in spazi molto aperti (come le piazze, da cui il nome) o, viceversa, molto chiusi , in mezzi pubblici come la metropolitana, in luoghi affollati (negozi, file, centri commerciali)o allontanarsi troppo dalla propria abitazione. La frequenza di agorafobia tra gli adolescenti è di circa il 2,5%, più di 3 volte superiore agli adulti.
disturbo di panico è caratterizzato da episodi di paura intensa o disagio accompagnati da una rilevante sintomatologia fisica e/o mentale, (palpitazioni, tachicardia, sudorazione, tremori, difficoltà di respiro “fame d’aria”, vertigini, senso di sbandamento, paura d’impazzire, paura di morire o di poter avere un infarto imminente o un ictus. Tali episodi hanno un inizio improvviso e tipicamente inatteso, durano in genere pochi minuti, ma lasciano una intensa paura che possano ripetersi.
Spesso possono essere legati a luoghi e situazioni particolari, come luoghi chiusi o affollati, in quel caso si definiscono complicati da comportamenti agorafobici (con o senza le caratteristiche dell’agorafobia).
Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC)
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è un quadro clinico fortemente invalidante. E’ caratterizzato dalla presenza di pensieri intrusivi e ripetitivi (ossessioni) associati ad alti livelli d’ansia e spesso accompagnati da prolungati comportamenti volti a neutralizzare il pensiero ossessivo e l’ansia (compulsioni). Le manifestazioni sintomatiche si associano ad un elevato grado di disagio e di limitazione nel funzionamento sociale, lavorativo e affettivo. La persona che soffre del Disturbo Ossessivo Compulsivo riconosce la natura patologica del proprio disagio e che le proprie ossessioni e compulsioni sono eccessive e irragionevoli.
In età evolutiva, l’esordio si ha tra i 9 e 11 anni ed il decorso è cronico, con peggioramento della sintomatologia in seguito a eventi stressanti con un tasso di remissione spontanea minimo.
I temi più frequenti delle ossessioni riguardano lo sporco, i germi e/o le sostanze disgustose; le persone con il Disturbo Ossessivo Compulsivo possono temere di procurare inavvertitamente danni a sé o ad altri, di poter perdere il controllo, di diventare impulsivi, aggressivi, perversi ecc.. Possono avere dubbi persistenti rispetto al proprio orientamento sessuale, rispetto alle decisioni da prendere, ecc. Inoltre altri temi frequenti delle ossessioni sono l’ordine e la simmetria, la religione e possono assumere anche una “veste” magico-scaramantica. Le compulsioni riguardano principalmente: controllo, lavaggio e pulizia, iterazione di parole o frasi, iterazione di movimenti specifici, ordine e simmetria.
I Disturbi della Condotta
Rientra nella categoria dei Disturbi da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta (DSM5), caratterizzati da condizioni che implicano problemi di autocontrollo delle proprie emozioni e dei comportamenti. In tali disturbi i problemi descritti si esprimono attraverso comportamenti che violano i diritti altrui, come nel caso di aggressioni, distruzione della proprietà, o che pongono la persona in netto contrasto con le norme sociali o con figure che rappresentano l’autorità.
Nel Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) prevalgono emozioni di rabbia e irritazione comportamenti di polemica e sfida. La prevalenza media del disturbo è del 3,3% circa degli adolescenti. L’incidenza può subire variazioni a seconda dell’età e del genere del bambino. Nelle fasce di età precedenti all’adolescenza, il disturbo sembra presentarsi con più frequenza nei maschi, piuttosto che nelle femmine (1,4/1), tale predominanza maschile non è, tuttavia, sempre riscontrata nella fascia adolescente e adulta. La frequenza del disturbo oppositivo provocatorio risulta maggiore nelle famiglie in cui un genitore presenta un disturbo antisociale ed è più comune nei figli di genitori biologici con dipendenze da alcool, disturbi dell’umore, schizofrenia, o di genitori con una storia di disturbo da deficit di attenzione e iperattività o di disturbo della condotta.
L’esordio dei primi sintomi si verifica prevalentemente in età prescolare e raramente oltre la prima adolescenza (Kazdin, 1997). Spesso il disturbo precede lo sviluppo di un Disturbo della Condotta; si associa, inoltre, al disturbo oppositivo provocatorio il rischio di sviluppare disturbi d’ansia, disturbo depressivo, pur in assenza di un disturbo della condotta.
È improbabile che i bambini che non hanno mostrato comportamenti aggressivi nella prima infanzia sviluppino livelli elevati di aggressività nelle età successive (Shaw, Gilliom & Giovannelli, 2000). Fattori di rischio sembrano essere elementi temperamentali, ambientali e genetici.
Secondo un modello cognitivo-comportamentale della rabbia e dei comportamenti aggressivi in età evolutiva le emozioni e i comportamenti aggressivi del bambino sono regolati dal modo in cui il bambino percepisce, elabora e media gli eventi ambientali, piuttosto che dagli eventi in sé (Nelson & Finch, 2000). La rabbia si pone, dunque, come reazione soggettiva ai problemi e agli eventi frustranti quotidiani.
Disturbi da uso di sostanze
l’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, (2017) posiziona l’Italia al secondo posto in Europa per l’uso di cannabis e al quarto per il consumo di cocaina tra i giovani.
- Gli studi psicologici attuali sulle tossicodipendenze, che si rifanno agli orientamenti relazionali, tendono ad evidenziare come le difficoltà relazionali e nella gestione delle emozioni siano connesse strettamente con l’abuso di sostanze (Khantzian, 2012); con riferimento alla teoria dell’attaccamento le difficoltà nell’auto e nell’etero regolazione sembrano essere il risultato di cure non sufficientemente adeguate da parte delle figure di accudimento, che non hanno permesso lo sviluppo di quella che Bowlby definisce una base sicura (Bowlby, 1995). L’insufficienza di cure appropriate porta ad una carenza di competenze emotive, come il non riuscire a riconoscere ed a gestire le proprie emozioni e il non sentirsi riconosciuti nei propri bisogni, che causano a loro volta una difficoltà nella costruzione di relazioni funzionali e interdipendenti, che si esprime in modo significativo in adolescenza (G. Alberti, 2017). Il DSM-5 non separa l’abuso e la dipendenza da sostanze ma sono state fuse nell’ unico disturbo da uso di sostanze misurato su un continuum da lieve a grave, i cui criteri per la diagnosi, quasi identici ai precedenti criteri, sono stati uniti in un unico elenco di 11 sintomi.
- Prendere la sostanza in grandi quantità o più a lungo di quanto si pensasse.
- Volere ridurre o smettere di usare la sostanza ma non riuscire a farlo.
- Trascorrere molto tempo a recuperare, usare o recuperare dall’uso della sostanza.
- Bisogni e spinte ad usare la sostanza.
- Non riuscire a fare ciò che dovresti al lavoro, a casa o a scuola a causa dell’uso di sostanze.
- Continuare a usare, anche quando causa problemi nelle relazioni.
- Ridurre attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso di sostanze.
- Usare le sostanze ad oltranza, anche quando ti mette in pericolo.
- Continuare a usare la sostanza, anche quando se ne comprende la distruttività
- Avere bisogno di più sostanza per ottenere l’effetto desiderato.
- Sviluppo di sintomi da astinenza, che possono essere alleviati assumendo più sostanza.
Il Gioco D’Azzardo Patologico (GAP)
Si tratta di un disturbo del controllo degli impulsi, che consiste in un comportamento di gioco persistente, ricorrente e maladattivo che compromette le attività personali, familiari o lavorative. La nuova edizione del DSM-5 ha riclassificato il gioco d’azzardo patologico nell’area delle dipendenze (addictions) per le similarità tra il GAP e le dipendenze da alcol e altre sostanze d’abuso. Per la precisione, in clinica, il disturbo non viene più definito “gioco patologico” ma “disordered gambling” (gioco problematico). Inoltre, anche in questo caso, l’aver commesso atti illegali non è più considerato uno dei criteri per la diagnosi del gioco d’azzardo patologico.
Questo cambiamento riflette la crescente e consistente evidenza che alcuni comportamenti, come il gambling, attivano il sistema di ricompensa del cervello, con effetti simili a quelli delle droghe e che i sintomi del disturbo da gioco d’azzardo assomigliano in una certa misura a quelli dei disturbi da uso di sostanze.
Dipendenza tecnologica e ritiro sociale
Il termine “dipendenza” non equivale sempre a patologia. La dipendenza può essere anche sana e di supporto alla crescita allo sviluppo (si pensi alla normale relazione tra genitore e bambino piccolo): essa cessa di essere “funzionale”, quando da comportamento adattivo o temporaneo, si trasforma in una ricerca incontrollata ed irrinunciabile di un soggettivo appagamento o in un ricorso insopprimibile di condotte di evitamento di contesti o contatti col reale, assumendo così i connotati di condizione patologica.
Nei nostri interventi, promuoviamo la salute circa il rapporto tra minore e tecnologia favorendo un uso della tecnologia più consapevole
Queste alcune tra le problematiche comportamentali scaturite dalla dipendenza tecnologica su cui interveniamo:
FOMO Fear of missing out (‘paura di rimanere escluso’)
HIKIKOMORI (“ritiro sociale, isolamento”)
DIPENDENZA DA VIDEOGAMES
DIPENDENZA DA RELAZIONI VIRTUALI
DIPENDENZA DA CYBERSESSO
NOMOFOBIA (paura di non essere raggiungibili, visibili, tramite internet o telefono)
CUTTING E AUTOLESIONISMO
VAMPING (“esposizione prolungata alla fruizione di device”)
BINGE WATCHING (“abbuffate di programmi televisioni”)
BLUE WHALE (“balena bianca” comportamenti istiganti al suicidio)
CYBERBULLISMO (“persecuzione di altri soggetti via internet e via social”)
CYBERSTALKING (“molestie e persecuzioni di altri soggetti via internet e via social”)
I Disturbi Bordeline e dell’area Psicotica
Genericamante è possibile raggruppare sotto questa voce una costellazione di sintomi manifestati e lamentati dagli adolescenti, quali: inquietudine inspiegabile e continua, allarme, angoscia panica, vissuti di trasformazione corporea, diminuita capacità di discriminare le percezioni del mondo esterno, percepito come estraneo e minaccioso, tendenza al ritiro, perdita di interessi, riduzione delle relazioni con i coetanei, pensieri magici ed inconsueti, sospettosità e senso di estraneità rispetto all’ambiente familiare fino allo stordimento ed alla confusione, deficit dell’attenzione e della concentrazione, scadimento del rendimento scolastico, comportamenti violenti in famiglia, ossessioni e gravi compulsioni.
Si parla di “BREAKDOWN” EVOLUTIVO (Laufer) quando un evento critico precede il manifestarsi della psicopatologia e costituisce un indicatore diagnostico di viraggio verso un disturbo grave, ma è inadatto a definire il tipo di disturbo che si può sviluppare. Tra i vari esiti: l’estraniarsi dai coetanei, la tendenza alla masturbazione coatta, improvvise aggressioni nei confronti di un genitore edipico, repentina fobia della scuola, sforzo di riportare il corpo pubere allo stato prepubere, la tendenza ad infliggere danni o lesioni al corpo, tentativi di suicidio.
Date le caratteristiche di instabilità ed evoluzione delle strutture del sé, in adolescenza è buona norma considerare la diagnosi di disturbo “bordeline” o di disturbo ” psicotico”, una diagnosi provvisoria che non dovrebbe cristallizzare il paziente in una categoria e che è invece soggetta a verifiche continue nel tempo. In generale è utile considerare il disturbo mentale in età evolutiva, come il fallimento dei compiti evolutivi e valutare tutti gli agenti che concorrono alla definizione di tale fallimento (contesto sociale, familiare, condizionamenti culturali, contesto di vita, ecc). E’ per questo fondamentale riconoscere precocemente i sintomi prodromici della patologia vera e propria, onde attivare interventi precoci non soltanto psicoterapeutici e farmacologici, ma anche di sostegno ai familiari e, in alcuni casi di tipo educativo-riabilitativo e la costruzione di una “rete assistenziale” terapeutica.
E’ utile evidenziare alcuni pattern tipici nei ragazzi con disturbi borderline e psicotici in esordio, che possono orientare in merito sia il genitore che l’insegnante, oltre che il medico di famiglia o il pediatra. Essi sono: disregolazione affettiva ed instabilità emotiva, facile passaggio all’atto, ansia elevata e reazioni fobiche, possibili condotte devianti o delinquenziali, difficoltà scolastiche sia nel profitto che nella condotta che nelle relazioni con i pari, assenza di motivazione (sport, scuola, socialità), sessualità disregolata, complusioni o ossessioni, esposizione a possibili dipendenze (anche da alcool e sostanze), atti autolesionistici, umore depresso, pensieri suicidari.
Risulta infine importante sottolineare non solo i fattori di rischio individuali ed ambientali ed i sintomi, ma anche le molte risorse e il potenziale di reversibilità connessi alla fase adolescenziale.