Uno sguardo sulla società, per contestualizzare le difficoltà esistenziali causa di eventi che decretano l’invio dei minori in Comunità.
Precarietà, insicurezza, rischio (si pensi ad esempio all’esperienza della pandemia da Covid), sono i temi che ricorrono oggi più spesso, nel definire la società attuale.
La percezione del futuro da parte dei cittadini non è più ragionevolmente rassicurante e l’idea di una società sicura e protettiva è venuta meno.
Siamo immersi in un contesto ambientale ad alta varianza: la globalizzazione sembra ridurre le distanze tra le culture, ma spesso non sembra favorire un riconoscimento maggiore tra le persone stesse ed il senso di isolamento rischia di aumentare.
La vita lavorativa è attraversata da grandi trasformazioni economiche e culturali che stanno incidendo sulla organizzazione del lavoro e sulla vita stessa delle aziende. L’espansione della tecnologia ha portato ad aspettative più elevate, per la produttività e l’efficienza, ed è aumentata la pressione sul singolo lavoratore ad operare costantemente a livelli di alte prestazioni.
Trasformazioni e contingenze socio-economiche pregnanti, condizioni di lavoro con garanzie ridotte per il futuro, nuovi cittadini stranieri con nuove culture, insicurezza urbana e legami sociali sempre più deboli, tendono a rappresentare potenziali elementi di stressor in grado di concorrere verso lo sviluppo di comportamenti egodistonici, anafettivi e distruttivi a forte impatto anche sul sistema familiare.
Questo rimane spesso l’unico contenitore delle ansie e delle disfunzionalità, prodotte da quei continui e veloci mutamenti prima descritti. Sempre più spesso la famiglia non è in grado di assolvere al compito protettivo, educativo e promozionale delle risorse emotive delle nuove generazioni: il minore che viene inviato in Comunità, è spesso il prodotto di tale deficit funzionale e viene dunque ridestinato ad altri agenti, in grado di provvedere a tali funzioni. In altri casi, la funzione educativa familiare viene impedita da contingenze e situazioni estreme, ti tipo traumatico, come eventi bellici o cataclismatici, dal degrado economico o sociale, da situazioni di pericolo dovute a esodi di natura politica o razziale. In quei casi il ricorso ad agenzie educative esterne alla famiglia come le Comunità, rappresentano per i minori coinvolti, la vera occasione di mantenimento e potenziamento delle proprie quote di Salute fisica e psicologica. Nondimeno, attraverso il lavoro dei progetti educativi individuali, in una prospettiva più ampia, rappresentano per la società intera l’occasione di prevenzione dei fenomeni di devianza che tali circostanze possono comportare.
Modello psicopedagogico
Partiamo dal concetto di Salute e dalla sua promozione. Sembra relativamente facile definire la malattia o il deficit nelle sue varie forme psichiche e sociali, più difficile è spiegare la salute.
La salute è anzitutto una conquista personale, frutto di un delicato equilibrio psicofisico, mente-corpo, alimentazione, attività fisica, sessualità, accettazione di sé, educazione e cultura… dipendenze coscienti e inconsce, e scelte valoriali per quanto concerne il proprio modello di vita. Ne deriva che promuovere la salute significa favorire il completo benessere delle persone in tutte le fasi del ciclo di vita: sul piano fisico, psicologico e sociale e non solo favorire l’assenza della malattia, fisica o mentale. Attraverso strategie di promozione della salute che puntano sullo sviluppo dei determinanti della salute capaci nel contempo di prevenire o gestire le malattie, disabilità o ridurne gli effetti, al fine di migliorare il livello di benessere realmente percepito dalla persona a tutto vantaggio della qualità della vita.
In quest’ottica, assumiamo in pieno non solo sul piano teorico, ma sul piano strettamente operativo, il modello biopsicosociale che informa il funzionamento individuale quale sistema di regolazione degli stati di malattia/disagio e di salute/benessere. Il primo binomio rappresenta l’esito di una rottura dell’equilibrio biologico, psicologico e sociale della persona e ed il secondo rappresenta la conservazione o il rafforzamento dell’equilibrio suddetto.
E in tale prospettiva che puntiamo a costruire un Piano Riabilitativo Individualizzato per il minore, centrato sulla Promozione della salute che si interessi quindi alla salutogenesi e non solo alla patogenesi, che tenda a rafforzare l’insieme delle funzioni normali del minore, che stimoli le condizioni migliori, interne ed esterne, perché il minore possa realizzarsi nella pienezza della salute. Quindi un’attenzione maggiore sulla salute superando il modello causalistico, riparativo lungo il versante della malattia, del deficit e della cura a quello della salute e della sua promozione inserito nel più ampio contesto socio-economico ed istituzionale. Un Piano Riabilitativo Individualizzato che sposti l’attenzione dall’assistenza alla promozione della salute, significa primariamente, sviluppare o modificare, nei minori atteggiamenti culturali, organizzazione cognitiva ed emotiva, comportamenti e fattori psicologici collegati a traumi o esperienze negative, rilevanti per la salute sia fisica che mentale.